Alla data del 3 settembre 1939, Gran Bretagna e Francia dichiaravano dunque ufficialmente guerra alla Germania nazista, ma di fatto già il 12 dello stesso mese fermarono ogni tipo di azione contro di essa. Intanto, a Est, attendeva sorniona l’URSS. Le modalità di attacco delle armate nazista e sovietica furono in fin dei conti simili, poiché alla base vi fu un pretesto di forte carattere propagandistico e nazionalistico: a Gliwice un commando nazista inscenò un attentato da parte di sovversivi polacchi a una stazione radiofonica tedesca, mentre dall’altro lato l’Unione Sovietica accusava perennemente la Polonia di abusi sulle minoranze, nonché di incapacità di tutela di queste ultime. Proprio alla luce di ciò, l’URSS dichiarò di voler proteggere le vite dei popoli in questione, soprattutto quelli bielorussi e ucraini, facendo irruzione su territorio polacco il 17 settembre 1939. Iosif Stalin, mediante quest’azione, violò ben quattro trattati internazionali: il trattato di Riga riguardo il confine sovietico polacco (1921); il protocollo di Litvinov (1929, patto di non aggressione tra diversi Paesi); il patto di non aggressione con la Polonia stessa (1932, prorogato nel 1934 fino al 1945) e gli accordi della Conferenza di Londra (1933).
Al momento dell’invasione sovietica, l’esercito polacco evitò lo scontro ritirandosi in Romania e in Ungheria su ordine del premier Slawoj-Składowski. I militari furono immediatamente seguiti del governo polacco, da ora in poi in esilio.
Già alla data del 28 settembre avvenne un secondo incontro tra Ribbentrop e Molotov, i quali si occuparono degli ultimi dettagli riguardanti la spartizione territoriale del paese: al Terzo Reich andavano i voivodati di Varsavia e di Lublino, all’Unione Sovietica la Lituania. La Germania impose direttamente un nuovo sistema amministrativo: l’obiettivo principale era quello di rimuovere i polacchi (mandati in Germania o concentrati nel nuovo Governatorato Generale di Varsavia) e rimpiazzarli con coloni tedeschi. L’URSS invece organizzò addirittura delle false elezioni nei nuovi territori, col fine ultimo di unire i diversi popoli, pur avendo manipolato i risultati e svolto le votazioni all’insegna del terrore. Nel 1939 la Polonia contava 35,1 milioni di abitanti così suddivisi: 66% polacchi, 14% ucraini, 10% ebrei, 4% bielorussi, 2% tedeschi, 4% Tutejsi (lett. “del luogo”, coloro che riconoscevano il proprio luogo di provenienza e quindi la propria cultura ecc. come un contesto indipendente da tutti gli altri elencati prima). Subito dopo questi eventi, Stalin occupò interamente i tre paesi baltici orientali (Lituania, Lettonia ed Estonia) istituendo i ben noti governi-fantoccio popolari. I polacchi vennero ben presto considerati come reietti della società, sia da una parte che dall’altra: infatti, le deportazioni non tardarono ad arrivare. A Est ci si spingeva nelle regioni più remote della Russia: fino ad oggi si contano circa 130 lager, tra i quali spiccano tristemente i nomi di Kozel’sk, Starobil’s’k e Ostaškov, dove vennero deportate le quasi ventiduemila vittime polacche del massacro di Katyn’. I corpi nella foresta di Katyn’ (di cui moltissimi ufficiali dell’esercito polacco) vennero scoperti dalla Wehrmacht solamente durante l’invasione dell’URSS nell’aprile del 1943, mentre l’eccidio avvenne circa due anni prima. A Ovest la morte assumeva i nomi dei campi di Treblinka, Oświęcim, Stutthoff su territorio polacco, a cui saranno destinati ad aggiungersi quelli di Dachau, Gross-Rosen, Mauthausen e molti altri su territorio tedesco.
Dopo la caduta francese del 1940, l’Unione Sovietica si mise in cerca di alleati e collaboratori: l’NKVD aprì un dialogo con i comunisti polacchi, cercando inoltre di convincere alcuni ufficiali a riunire un nuovo esercito sotto il controllo rosso. Proprio la creazione di un nuovo esercito -ma questa volta esclusivamente polacco- fu uno dei punti cardine del governo in esilio, nato il 30 settembre 1939 con Raczkiewicz presidente e il generale Sikorski come premier. Molti dei soldati scappati in Romania e in Ungheria, prima della conquista tedesca della Francia, confluirono in Francia, tanto da essere nel 1940 già 84 mila; purtroppo, circa un terzo di questi finì presto soggiogato dalla potenza nazista. Churchill, dopo i fatti francesi, invitò il governo polacco a Londra, dove rimase sino alla fine della guerra. Iniziarono le prime fratture tra URSS e Terzo Reich, dovute a conflitti d’interessi nei Balcani, in Finlandia e ai cambi di fazione che volsero principalmente a favore di Stalin. Dopo l’attacco a Grecia e Jugoslavia, il 22 giugno 1941 scoccò l’ora dell’operazione Barbarossa, ritardato dall’attentato antihitleriano di Belgrado.
Sikorski riesumò ben presto il concetto di confederazione dei paesi del centro Europa, cercando una stretta collaborazione almeno con la Cecoslovacchia. Nel mentre migliorarono un minimo i rapporti diplomatici sovietico-polacchi, poiché venne permesso il reclutamento per il nuovo esercito polacco su territorio dell’URSS, sotto la guida del generale Władysław Anders.
La Resistenza. Il generale Anders e il nuovo esercito polacco
Abbiamo volutamente lasciato da parte la questione resistenza per cercare di fare un po’ d’ordine, almeno a livello cronologico. Già durante l’invasione si istituirono le basi della resistenza clandestina che accompagnò la Polonia per tutto il conflitto bellico: inizialmente nacque la Służba Zwycięstwu Polski (SZP, “Servizio per la Vittoria Polacca”) su ordine del generale Juliusz Rómmel che vi pose a capo a sua volta il generale Michał Tokarzewski-Karaszewicz dopo la caduta di Varsavia, in collaborazione con tutti i partiti polacchi di allora. Le critiche alla struttura di questa organizzazione, nonostante tutto, non mancarono: il generale Sikorski si oppose, poiché ritenne tutt’altro che saggio il connubio tra attività politica e militare. In questo modo nel novembre 1939 nacque lo Związek Walki Zbrojnej (ZWP, “Unione per la Lotta Armata”), organizzazione strettamente apartitica e di carattere militare che sopravvisse sino al febbraio 1942, per far poi posto alla più famosa Armia Krajowa (AK, “Esercito Nazionale”), successiva protagonista dell’Insurrezione di Varsavia nel 1944.
Oltre le forze ufficiali di opposizione agli invasori, ovvero quelle istituite dal governo polacco in esilio, si svilupparono parallelamente numerose realtà minori e autonome dedite all’attività di resistenza, solitamente legate ai singoli partiti, alcune confluite poi nello stesso ZWZ. È possibile categorizzarle proprio in base al loro credo politico, ed infatti riconosciamo quelle
– vicine alla sanacja: Tajna Organizacja Wojskowa (TOW, “Organizzazione Militare Segreta”), Organizacja Orła Białego (OOB, “Organizzazione dell’Aquila Bianca”);
– vicine al pensiero di Piłsudski: Konwent Organizacji Niepodległościowych (KON, “Convegno tra Organizzazioni Indipendenti”), Obóz Polskiej Walczącej (OPW, “Movimento della Polonia Combattente”);
– centriste e popolari (Stronnictwo Ludowe): Chłopska Straż poi Bataliony Chłopskie (BCh, “Battaglioni Contadini”);
– socialiste: Gwardia Ludowa (GL, “Guardia del Popolo”), Socjalistyczna Organizacja Bojowa (SOB, “Organizzazione Combattente Socialista”);
– vicine al pensiero democristiano: Narodowa Organizacja Wojskowa (NOW, “Organizzazione Militare Nazionale”), Organizacja Wojskowa “Unia” (OW, “Organizzazione Militare “Unione””);
– non necessariamente politicamente coinvolte: Tajna Armia Polska (TAP, “Esercito Segreto Polacco”), Polska Organizacja Zbrojna (POZ, “Organizzazione Armata Polacca”), Związek Czynu Zbrojnego (ZCZ, “Associazione d’Azione Armata”), Społeczna Organizacja Samoobrony (SOS, “Organizzazione Sociale di Autodifesa”), Związek Syndakalistów Polskich (ZSP, “Associazione dei Sindacalisti Polacchi”), Szare Szeregi (“Schiere Grigie” ovvero ZHP, Związek Harcerstwa Polskiego, “Associazione Polacca degli Scout”).
Ogni organizzazione si occupava principalmente di contro-propaganda e di contro-informazione. Tra le testate più importanti ricordiamo Biuletyn informacyjny (“Bollettino d’informazione”) e “Rzeczpospolita Polska” (“Repubblica Polacca”). Nel 1939 si contarono circa 30 diverse pubblicazioni, per arrivare poi alle 290 del 1941; ciò permise inoltre la sopravvivenza delle attività culturali e intellettuali polacche, dove ricordiamo ad esempio le pubblicazioni in campo letterario di Czesław Miłosz, Tadeusz Gajcy e Krzystof Kamil Baczyński. Tra le attività culturali annoveriamo inoltre quella politica, che continuava illegalmente grazie alle disposizioni del governo in esilio a Londra e alla stampa clandestina (elezioni di sindaci, voivodi etc. nonostante l’occupazione nemica).
Tornando dunque alle attività del generale Anders (da poco rilasciato dalle prigioni dell’NKVD), grazie all’Accordo Sikorski-Majskij, il 30 luglio 1941 venne permessa la ricostruzione dell’esercito polacco su territorio sovietico, ovviamente facendo automaticamente schierare la Polonia tra le file degli alleati dell’URSS. Il nuovo esercito doveva essere teoricamente parte delle Polskie Siły Zbrojne (“Forze Armate Polacche”), composto a sua volta da due divisioni più un reggimento d’emergenza di circa trentamila soldati collocati nelle zone di Saratov e di Buzuluk, ma in realtà, a causa di errori prettamente logistici, solo una parte dei prigionieri polacchi raggiunse queste località, poiché mandati erroneamente in altri luoghi, morti lungo il tragitto oppure mai liberati dagli stessi lager in cui erano stati internati.
Dopo l’adesione alla Carta Atlantica e ai fatti di Pearl Harbor (agosto-settembre 1941), sorsero degli attriti nella nuova alleanza polacco-sovietica, espressi durante un incontro a quattro a Mosca tra Sikorski, Stalin, Anders e Molotov. Il problema principale, oltre i mancanti mezzi di sostentamento e addestramento per l’esercito polacco, fu la sparizione di migliaia di soldati polacchi, tra cui soprattutto ufficiali. L’incontro si concluse tuttavia con l’ufficializzazione dell’alleanza, basata stando ai documenti su “l’unione di stati democratici sancita da una solida alleanza”, testimonianza che fa ben riflettere sulle effettive future sorti della Polonia socialista, poiché ben presto Stalin inizierà a discutere dei suoi confini (Linea Curzon). Churchill riconoscerà poco dopo le nuove frontiere sovietiche sui territori dei Paesi baltici occupati e della Romania, con ovvio disappunto polacco placato poi dallo stesso Primo Ministro britannico, il quale sostenne che Stalin, in caso di vincita della guerra, avrebbe comunque fatto di testa sua. La violenta entrata tra le fila degli alleati da parte dell’URSS mandò in fumo quel labile progetto di formare una confederazione cecoslovacco-polacca, da estendere eventualmente ad altri stati come Lituania, Ungheria e Romania. Intanto nel 1942 l’esercito polacco in territorio sovietico contava circa 75 mila soldati, di cui 30 mila vennero mandati in Iran insieme a circa 40 mila civili.
L’ambiguo ruolo dei comunisti polacchi
Nella Polonia occupata le zone che subirono maggiormente il processo di colonizzazione nazista furono quelle di Poznań e di Łódź. Dopo la conquista e annessione delle regioni di confine vennero uccisi moltissimi polacchi ed ebrei, morti dovute soprattutto al miglioramento della rete di campi di concentramento in Polonia (Brzezinka-Birkenau, Majdanek, Sobibór, Chełmno, Bełżec per citarne alcuni), attività intensificatasi dopo l’eliminazione dei ghetti a partire dal 1942. L’esercito clandestino polacco fu infatti uno dei primi a sapere dello sterminio inerente alla popolazione ebraica: denunciò il fatto apertamente e allacciò contatti con la Żydowska Organizacja Bojowa (ZOB, “Organizzazione Combattente Ebraica”) operativa nel ghetto di Varsavia, come con altre organizzazioni di minore entità.
Il 5 gennaio 1942 nasce ufficialmente la Polska Partia Robotnicza, (PPR, “Partito Operaio Polacco”), sotto stretta influenza politica dell’URSS. Il nuovo partito di stampo comunista godé di un crescente successo quanto ovvio successo, rendendosi anche protagonista di attacchi terroristici contro le fila naziste (attività della GL prima citata), cosa che, nonostante l’obiettivo comune, turbava non poco l’AK. Fatto sta che a partire dall’istituzione dell’esercito polacco di Anders su suolo sovietico i rapporti tra Polonia e URSS andarono man mano degradandosi, poiché Stalin limitò la crescita del suddetto esercito e mantenne una linea dura con i civili polacchi in URSS. Inoltre la Cecoslovacchia, su pressione sovietica, abbandonò definitivamente ogni progetto confederativo in collaborazione con la Polonia. L’élite polacca cercò allora appoggio oltreoceano, in particolare nella superpotenza statunitense, soprattutto per la questione concernente i confini che si sarebbe presentata nel dopoguerra: l’aiuto fu pressoché nullo, poiché la priorità fu quella di eliminare il nemico nazista, lasciando dunque carta bianca a Stalin nei territori dell’Europa orientale. A partire infatti dal 16 gennaio 1943 gli abitanti delle RSS ucraina e bielorussa non faranno più ufficialmente parte della Polonia, tacciandola di attività di tipo imperialistico durante gli anni.
Il 1° marzo 1943 nacque dunque a Mosca lo Związek Patriotów Polskich (ZPP, “Associazione dei Patrioti Polacchi”), uno degli strumenti più efficaci per il controllo e l’indottrinamento della Polonia al comunismo. Si dichiararono favorevoli al potere sovietico e dunque contrari al governo in esilio a Londra, sostenendo di volere intrattenere rapporti di fratellanza e non di dipendenza con l’URSS – apparenza e realtà di quello che sarà la PRL nel dopoguerra, non una RSS ma comunque sotto influenza sovietica. Tra i membri dello ZPP contiamo personalità come Wanda Wasilewska, Alfred Lampe, il generale Zygmunt Berling e tutti coloro che rifiutarono di partire con le divisioni del generale Anders. Nello stesso 1943, nel mese di aprile, la Wehrmacht scopre il massacro di Katyn’, dove si contano più di 22 mila vittime appartenenti agli alti ranghi della società polacca (ufficiali, professori, ingegneri, dottori). Il Cremlino accusò a sua volta la Wehrmacht di aver compiuto il massacro nel 1941; mentre a fine aprile l’ambasciata polacca lasciò definitivamente l’URSS sancendo la fine di ogni rapporto diplomatico con essa. Il massacro, i cui colpevoli vennero immediatamente identificati, non venne inizialmente riconosciuto dagli Alleati, probabilmente per ovvie quanto immorali ragioni geopolitiche.
Lo ZPP iniziò dunque la sua attività politica proponendo un programma per la futura Polonia basato sulla tanto decantata fratellanza con l’Unione Sovietica, mentre l’esercito polacco composto non solo appunto da polacchi, ma anche da ucraini, bielorussi ed ebrei (non ammessi nell’esercito di Anders) iniziò a crescere con l’istituzione della I^ Divisione di fanteria Kościuszko capitanata dal generale Berling. Nella Polonia clandestina non mancarono le prime discussioni tra ufficiali polacchi, come anche i cambiamenti ai vertici: per Anders Sikorski era troppo morbido nei confronti di Stalin per la questione confini (morirà poco dopo in un incidente aereo nei pressi di Gibilterra), mentre a Londra il nuovo assetto politico vedeva ora sì Raczkiewicz ancora presidente, ma introduceva le figure del generale Sosnowski come Capo Supremo delle Forze Armate e di Stanisław Mikołajczyk come Premier. Per quanto la Polonia provasse a sopravvivere, si trovava comunque in una posizione di completo caos politico, dipendente direttamente dai voleri e decisioni delle altre potenze in guerra. A partire dal 28 settembre 1943, il nuovo confine occidentale polacco sarebbe dovuto corrispondere al corso del fiume Oder.
Tra fine novembre e inizio dicembre del 1943 si tenne la Conferenza di Teheran, dove la Polonia venne ridotta a mera materia di scambio proposta da USA e Gran Bretagna all’URSS al fine di assicurarsi l’aiuto e la vittoria in guerra. Si misero da parte le questioni prettamente nazionali per cercare di giungere alla divisione in sfere d’influenza dell’Europa. La Prussia orientale e la regione di Opole sarebbero tornate alla Polonia, ma il confine orientale fu ancora un questione intricata da affrontare: si stava tenendo ancora in considerazione la Linea Curzon, ma Stalin si mostrò ancora una volta poco incline alla collaborazione, e accusò addirittura il governo polacco in esilio di appoggiare il Terzo Reich nel ritenere l’URSS responsabile del massacro di Katyn’. A conferma della passività degli Alleati riguardo alla questione ebraica, qualche tempo dopo la rivolta scoppiata nel ghetto di Varsavia, uno dei membri del Consiglio Nazionale polacco a Londra, Szmul Zygielbojm, si tolse la vita in segno di protesta. Una nuova proposta di collaborazione partitica puntava nuovamente al concetto di confederazione tra Stati dell’Europa centrale, richiedendo uno sbocco sul mare per la nuova Polonia, autonomia per le minoranze, riforme agrarie e operaie. Dopo l’arresto del generale a capo dell’AK Grot-Rowecki da parte della Gestapo (morirà nel 1944 a Sachsenhausen), il generale Bór-Komorowski prenderà il suo posto; il 15 luglio 1943 nasce il Kierownictwo Walki Podziemnej (KWP, “Dirigenza per la Lotta Clandestina”) che guiderà ogni attacco organizzato d’ora in poi dall’AK.
La PPR nel 1943 prese fermamente posizione rifiutando ogni proposta di entrar a far parte legalmente della Repubblica Polacca come partito riconosciuto, schierandosi unicamente a favore dell’URSS; cercò inoltre di coinvolgere parte della sinistra polacca nei suoi progetti, senza ottenere però molto successo. Dopo gli arresti di Finder e Fornalska, Władysław Gomułka divenne segretario generale della PPR (ricoprirà dei ruoli fondamentali nella Repubblica Popolare di Polonia), dichiarando successivamente nel programma di partito O co walczymy (“Per cosa combattiamo”) la completa opposizione alle politiche del governo in esilio. A cavallo tra ’43 e ’44 nasce la Krajowa Rada Narodowa (KRN, “Consiglio Nazionale di Stato”) formata da membri del partito operaio e altri ideologicamente vicini, al cui comando venne posto Bolesław Bierut (futuro primo presidente della Polonia socialista), già noto per il suo lavoro all’interno NKVD. Successivamente, nacquero a Londra organi come Rada Jedności Narodowej (RJN, “Consiglio d’Unità Nazionale”), surrogato del parlamento polacco, con emanazione del programma O co walczy naród polski (“Per cosa combatte il popolo polacco) e come la Krajowa Rada Ministrów (KRM, “Consiglio Nazionale dei Ministri”), che si preparava a riprendere il controllo del paese dopo la sconfitta nazista. La Gran Bretagna non informò la Polonia delle decisioni prese a Teheran, ma continuava ad insistere perché accettasse le condizioni proposte da Stalin; a Londra i vertici polacchi credevano e non credevano in una nuova indipendenza della Polonia. Tutto era mirato a far accettare la Linea Curzon per chiudere la questione territoriale e appoggiare in toto l’URSS.
Il generale Anders e la campagna italiana. Montecassino
All’inizio del 1944 il II Corpo d’Armata guidato dal generale Anders, dopo i vari presidi in Medio Oriente, venne assegnato alla campagna italiana insieme all’Eighth Army britannica, su proposta del generale Oliver Leese di conquistare Montecassino, località chiave per penetrare la Linea Gustav. La stessa battaglia meriterebbe un capitolo a parte nella nostra storia, cosa purtroppo materialmente impossibile da affrontare visto l’obiettivo della nostra analisi; la cittadina di Montecassino venne dunque conquistata dai soldati polacchi il 18.05.1944 dopo ben quattro mesi di conflitti, i quali videro la collaborazione di forze militari internazionali tra cui quelle britanniche, americane, neozelandesi, polacche, francesi, sudafricane e indiane. La vittoria permise alle forze Alleate di entrare di conseguenza a Roma, causando la ritirata dell’invasore sino alla Linea Gotica.
Risalendo la penisola italiana, Anders si trovò a fronteggiare nuovamente il nemico nella battaglia per la liberazione di Ancona tra giugno e luglio 1944, dove persero la vita molti soldati polacchi, tanto da portare il generale a considerarla una delle più cruente dopo i fatti di Montecassino. Sul fronte orientale Stalin invece preparava gradualmente la conversione della Polonia in una Repubblica di stampo socialista, tra propaganda e azioni politiche e militari. Oltreoceano si incontrarono intanto Roosevelt e Mikołajczyk: gli USA rimasero indirettamente neutrali nei rapporti sovietico-polacchi, proponendo una ricostituzione amministrativa alquanto inutile, visto che la questione territoriale non venne minimamente – e consapevolmente – menzionata; Stalin inoltre rifiutò poi ogni colloquio con il premier polacco.
La strategia sovietica
Il governo polacco di Londra diede via all’operazione rinominata akcja “Burza” (“operazione Tempesta”) nel gennaio 1944 (momento dell’entrata dell’Armata Rossa in Volinia) per riconquistare militarmente e quindi amministrativamente i territori polacchi occupati, senza collaborazioni con le truppe sovietiche. Queste collaborazioni, tuttavia, non mancarono per questioni logistiche e le stesse intenzioni sovietiche (intuibili già dal modus operandi di Stalin) si dimostrarono in egual modo nei tradimenti e sotterfugi compiuti nei confronti dell’esercito polacco dell’AK: dopo l’entrata nei vecchi territori polacchi e la collaborazione pattuita con parte dell’AK per la conquista di Vilnius e Leopoli, gli ufficiali polacchi vennero invitati a incontrare quelli sovietici, per venire successivamente arrestati e posti davanti a una scelta: unirsi all’esercito “polacco”-sovietico oppure essere deportati in gulag; molti di loro non tornarono mai più. La stessa sorte toccò alla sezione dell’AK di Lublino, la più efficiente all’epoca, e a quella di Białystok: al rifiuto vennero arrestati con l’accusa di collaborazione con i nazisti. Nel maggio del 1945 si contarono circa cinquantamila militari polacchi internati nei gulag sovietici, definiti “fascisti” e trattati addirittura in maniera diversa rispetto ai prigionieri nazisti. Stalin aizzò le minoranze bielorussa e ucraina contro il “nazionalismo imperialista” polacco, iniziò a perseguitare i cattolici, impose pesanti pene per ogni attività relativa alla Polonia esiliata; diede il via sostanzialmente al processo di sovietizzazione. Nasce dunque il 21.07.1944 il Polski Komitet Zwolenia Narodowego (PKZN, “Comitato Polacco di Liberazione Nazionale”, un governo provvisorio proclamato nella città di Chełm di carattere prettamente propagandistico anti-Polonia sovrana. I vertici del PKZN riconoscono il proprio governo come unico legale in Polonia e lo stesso 27 luglio accettano i confini dettati dalla tanto discussa Linea Curzon; furono inutili le proteste di Mikołajczyk rivolte nei confronti di Winston Churchill.
L’Armata Rossa era ormai vicina a Varsavia quando il governo in esilio (gen. Bór-Komorowski) decise di includere la capitale nell’operazione Burza e ordinare l’inizio della rivolta cittadina il 1° agosto 1944 alle ore 17. La rivolta di Varsavia fu una delle azioni insurrezionali più eroiche, sanguinose e discusse della storia polacca: non tutti i vertici furono d’accordo con questa decisione, poiché la ritennero non necessaria. L’insurrezione ottenne un discreto successo cogliendo di sorpresa le forze tedesche, ma la poca disponibilità militare in confronto al nemico causò la resa dell’AK nel giro di due cruenti mesi, dovuta anche alla collaborazione praticamente negata da parte dell’Armata Rossa, che attese la fine della rivolta alle porte della città, sfruttando il lavoro già compiuto dall’esercito hitleriano. Il Daily Worker riportava il 3 agosto che l’insurrezione fosse “un’invenzione del governo polacco”, due giorni dopo Stalin riferì a Churchill di non essere nemmeno al corrente dell’inizio della rivolta. Le richieste di aiuto polacche non mancarono di certo: gli Alleati continuarono sulla linea dell’attesa, poiché “non era stato preparato alcun piano militare” in grado di permettere un aiuto efficace e concreto. Solo alla data del 30 agosto le forze dell’AK vennero riconosciute come alleate, ma ancora una volta Stalin mise il bastone fra le ruote agli stessi Alleati, ritardando le operazioni di aiuto sino al 18 settembre, quando ormai la rivolta stava per spegnersi, per concludersi definitivamente il 3 ottobre. Nel powstanie warszawskie morirono importanti figure letterarie come Krzysztof Kamil Baczyński e Tadeusz Gajcy insieme ad altri 150-200 mila civili.
Verso Jalta. La “Polska Rzeczpospolita Ludowa”: un compromesso per sopravvivere?
Nel clima di tafferuglio della rivolta di Varsavia, il 1° agosto 1944 il PKWN si stabilì a Lublin, conferendo il mese dopo a Bierut (secondo i principi della costituzione di marzo) i poteri per guidare il nuovo paese che andava formandosi. Si organizzarono dunque in fretta e furia i successivi organi di quella che sarebbe stata la PRL (tra cui milizia e altre forze dell’ordine), fondata sui principi “di democrazia e giustizia sociale”. D’altro canto, occorre ricordare che si distinsero anche personalità come quelle di Wasilewska a favore di una Polonia sovietica e annoverata tra le altre RSS. La propaganda fece il suo corso (accusando l’AK dopo i fatti di Varsavia di collaborazione con i nazisti), tanto che già nel 1944 il Partito Operaio Polacco contava 22 mila iscritti. I membri delle forze partigiane vennero invitati a unirsi al nuovo esercito polacco, introducendo inoltre il 30 ottobre 1944 un nuovo codice penale militare che prevedeva la condanna a morte per tutti coloro che si sarebbero opposti al nuovo potere socialista della Polonia “di Lublino”, così chiamata poiché ferma territorialmente ancora in quelle zone. A livello economico dominava il caos: v’erano ben tre diverse valute in circolo, si richiese la collaborazione della Banca Polacca a Londra che fu in grado di cambiare in złoty solo una parte dei possedimenti singoli di ogni cittadino, facendo confluire il resto nelle tasche del PKWN. Si procedette con una drastica riforma agraria, nonché all’assorbimento di realtà politiche ideologicamente simili e alla rimozione di quelle contrarie al potere. Per quanto concerne il governo a Londra, ancora durante la rivolta di Varsavia sembrava esserci una parvenza di accordo tra Mikołajczyk e l’URSS, accordo che, a conflitto finito, avrebbe creato un governo temporaneo formato da Partito Operaio e il resto dei partiti attualmente al governo a Londra; tuttavia, al momento della successiva richiesta inoltrata dal premier polacco riguardo gli accordi presi, il Cremlino rimandò la questione al PKWN (ovviamente di parte), poiché “la situazione doveva essere risolta dagli stessi e soli cittadini polacchi”. Il 15 settembre il PKWN rifiutò definitivamente la richiesta del premier. Mikołajczyk venne infine costretto da Churchill ad accettare la Linea Curzon; dopodiché il premier provò l’ultima spiaggia appellandosi nuovamente agli USA di Roosevelt, che mantenne la stessa linea avuta in passato. Mikołajczyk dunque si dimise per far posto ad Arcziszewski il 29 novembre 1944.
Il 31.12.1944 venne proclamato dalla KRN socialista un governo provvisorio inerente tutta la Repubblica polacca, che provocò le accuse da Londra nei confronti dell’URSS di “attentato nei confronti della sovranità detenuta dal popolo polacco”. Tra la fine del ’44 e gli inizi del ’45 gli Alleati liberarono Francia e Belgio, mentre l’Armata rossa raggiunse il confine ormai decaduto tra Terzo Reich e Polonia. Gli ultimi sforzi militari dell’AK si ebbero negli attacchi verso i nazisti in ritirata e nella liberazione di Cracovia, fino all’ordine di sciogliere l’esercito.
Tra il 4 e l’11 febbraio 1945 ebbe luogo la Conferenza di Jalta che sancì simbolicamente il tramonto della seconda guerra mondiale. In Crimea si ritrovarono nuovamente i “Tre Grandi” per discutere del futuro assetto geopolitico dell’Europa, tra cui quello polacco che terminò con i seguenti confini e l’abbandono d’ogni speranza di vera indipendenza.
Dopo gli eventi del secondo conflitto mondiale, teorie e domande sugli equilibri europei e le decisioni prese, per forza di cose, si sprecano. Quel che riguarda noi da vicino, in queste e nelle prossime pagine, sono appunto le sorti della Polonia, in procinto di (seppur praticamente decretato da tempo) diventare a tutti gli effetti uno dei Paesi compresi nella sfera d’influenza sovietica sino ai fatti di Solidarność e della caduta dell’URSS. Per cui, ci sembra lecito chiederci nel nostro piccolo se effettivamente la cosiddetta Repubblica Popolare di Polonia sia stata un mezzo per sopravvivere, per non sparire ancora dalle mappe europee, a costo di vivere anni nuova sottomissione e sperare quindi in una nuova e graduale indipendenza, cosa sì avvenuta, ma dopo bene circa 45 anni; se la piega presa dagli eventi sia stata dovuta a errori di calcolo, politici, umani; se, aldilà anche di quest’ultimi, non v’era davvero via di scampo per volere, come in storia e in politica spesso accade, di altri più potenti.