Il suono della libertà: Jarocin

“Dziwny jest ten świat”

 

L’affermazione del comunismo nella Polonia del secondo dopoguerra è stata cosa non facile: sicuramente è sempre mancata una vera convinzione proveniente “dal basso”, dal popolo, per quanto riguarda l’aderire agli ideali che stavano venendo imposti dopo la liberazione dalla tragica occupazione nazista. Con un’estesa avversione – per motivi storici – verso i russi (i varsaviani difficilmente dimenticano tutt’oggi il mancato aiuto da parte dell’Armata Rossa durante la Rivolta di Varsavia) e tradizionalmente cattolici, i polacchi, se si eccettua il breve periodo a seguito della riforma agraria e di altri nuovi provvedimenti più progressisti della nuova leadership, non dettero mai il supporto sperato alle autorità comuniste.

 

Queste, oltretutto, a differenza dei fratelli socialisti tedesco-orientali, non erano particolarmente abili nell’attuare efficaci repressioni o nel mettere in pratica le manovre tipiche di uno stato di polizia. A ciò va aggiunto il fatto che, in fatto di politica estera, la Polonia comunista è sempre stata decisamente più aperta: le relazioni con gli Stati Uniti, ad esempio, erano considerabili cordiali (anche perché non indifferenti furono i prestiti ricevuti da Washington per ricostruire il paese), non era difficile captare le frequenze radio dei Paesi occidentali e, per fare un esempio, la costa del Baltico era collegata tramite regolari traghetti alla Svezia. La mancata abilità nel reprimere con efficacia e le timide aperture verso l’occidente favorirono, con un esito che sarà clamoroso e di notevole valore culturale, il fiorire della musica rock in Polonia.

 

 

È, paradossalmente, durante l’era di Władysław Gomułka – lo stesso che aveva favorito la persecuzione dei cattolici, che aveva inviato le truppe polacche in Cecoslovacchia nel 1968 e che aveva appoggiato la scelta di far sparare dalla Milicja Ludowa e dall’esercito agli operai in protesta nelle città del Trójmiasto nel 1970 – che inizia a fiorire il così detto “big beat”, la versione polacca del rock. Czerwone Gitary, Skaldowie o Polanie sono alcuni dei nomi che fanno ballare i giovani polacchi dell’epoca, magari in un club di Danzica, di Gdynia o di Sopot. È una musica leggera e senza pretese, fatta per divertirsi, ma delle voci iniziano ad alzarsi per esprimere il proprio dissenso. Nel 1967, uno degli esponenti della beat-generation polacca più famosi, Czesław Niemen, canta quella che è generalmente conosciuta come la più importante (da alcuni, addirittura, la prima in assoluto) canzone di protesta degli anni Sessanta in Polonia: Dziwny jest ten świat (“È strano questo mondo”).

 

Dziwny jest ten świat è una malinconica, quanto potente protesta verso le ingiustizie del mondo, verso la violenza che caratterizza gli uomini.

 

Dziwny jest ten świat,
gdzie jeszcze wciąż
mieśći się wiele zła.
I dziwne jest to,
że od tylu lat
człowiekiem gardzi człowiek.
È strano questo mondo,
dove c’è ancora
così tanto male.
Ed è strano che,
già da tanti anni,
l’uomo disprezzi un (altro) uomo.

 

Ma riesce a trovare, Niemen, similmente alla canzone “Dio è morto” dei Nomadi (che tratta tematiche simili), speranza verso il futuro, proprio negli stessi uomini che lo deludono:

 

Lecz ludzi dobrej woli jest więcej
i mocno wierzę w to,
że ten świat
nie zginie nigdy dzięki nim.
Ma è di più la gente di buona volontà
e credo fermamente
che questo mondo
grazie a loro non perirà mai.

 

Con Niemen si apre una fase del rock polacco in cui gli artisti più apertamente si daranno a critiche e a provocazioni, aperte o implicite che siano. Dopo le violente repressioni contro gli operai del 1970, Gomułka lascia il posto a Gierek. Quest’ultimo non ama particolarmente il rock, perciò il genere non viene né pubblicizzato, né incentivato troppo. Tuttavia, il rock sembra non morire e in una piccola e anonima cittadina del Voivodato della Grande Polonia, Jarocin, dal 1971 si inizia, ogni estate, tra giugno e agosto, ad organizzare un piccolo festival denominato Wielkopolskie Rytmy Młodych (“Ritmi giovanili della Grande Polonia”). Numerosi sono i gruppi che vi partecipano e proprio al festival di Jarocin viene organizzata una delle prime jam session rock in Polonia.

 

Jarocin negli anni Sessanta (foto dalla pagina Facebook Jarocin w obiektiwie)

 

Nel Paese, però, verso la fine degli anni Settanta inizia di nuovo a crescere il malcontento. Le politiche di Gierek iniziano a fare acqua, i problemi cronici dell’economia pianificata iniziano a farsi sentire di nuovo e, sul piano musicale, complice anche l’influenza del punk occidentale, sempre più presente è l’elemento provocatorio e critico.

 

Tra la fine della prima metà e la seconda metà degli anni Settanta nascono gruppi destinati a diventare pietre miliari del rock polacco come i Dżem (1973), Maanam (1975), i Kombi (1976, ma in realtà già attivi dal 1969 sotto il nome Akcenty), i Kryzys (1978, in seguito diventeranno Brygada Kryzys), i TSA (1979). La scena si fa più interessante e il festival di Jarocin inizia ad attirare le prime, importanti attenzioni.

 

 

“Babilon upadł!”

 

È il 1980 e la crisi torna a farsi sentire. Già nel 1976 c’erano state proteste a causa dell’aumento dei prezzi e della crisi economica, ma la situazione diventa seria con gli scioperi di Danzica (durante i quali un operaio dei cantieri navali della città, Lech Wałęsa, emerge come leader e inizia a dare le basi per il movimento operaio destinato a cambiare la storia della Polonia: Solidarność), della Slesia e, presto, in tutto il paese. Non ci sono gli spargimenti di sangue visti a Gdynia e Danzica nel 1970, ma la ZOMO (unità d’élite della polizia famigerate per la loro efferatezza, tanto da essere spesso paragonate alla Gestapo) picchia e arresta con brutalità. Gierek è costretto a dimettersi, lasciando il posto, nel settembre 1980, a Stanisław Kania.

 

 

Nello stesso momento, Jacek Sylwin e Walter Chełstowski prendono le redini del piccolo festival di Jarocin, lo riorganizzano e, inizialmente con mezzi di fortuna ed un’organizzazione quasi improvvisata (inizialmente non era previsto un limite al numero di band che potevano partecipare), rendono un evento che, nonostante il crescente apprezzamento (la televisione polacca, durante lo stesso anno, aveva iniziato ad interessarsi all’evento). Wielkopolskie Rytmy Młodych diventa Ogólnopolski Przegląd Muzyki Młodej Generacji w Jarocinie (“Rassegna nazionale di musica della generazione giovanile a Jarocin”) e Jarocin diventa, questa volta definitivamente e con una potenza mai vista prima, un’isola di libertà.

 

Abituati al precedente festival musicale, gli abitanti di questa piccola e sonnolenta cittadina non si lasciano intimorire o spiazzare dal’influsso non indifferente di migliaia di giovani vestiti in maniera stravagante che ascoltano rock che dai grigi treni della PKP si riversano nella loro cittadina di provincia. I giovani che arrivano a Jarocin trovano un ambiente accogliente e, consci probabilmente del dissenso diffuso verso le autorità, non provano timore nell’esprimere i loro sentimenti di ostilità verso lo stato delle cose nel proprio paese. In un ambiente rilassato e libero, ragazzi e ragazze da tutto il paese si riuniscono e cantano, ballano, discutono, trovano i colori impossibili da captare nella grigia vita urbana della Polonia dei primi anni Ottanta.

 

 

È il 1981. A Jarocin il rock continua a farla da padrone, ma iniziano a comparire i primi gruppi punk come i Dezerter. Le proteste e gli scioperi continuano in tutto il paese e, pochi giorni prima del Natale, il generale Wojciech Jaruzelski appare alla televisione e si rivolge al popolo polacco. Con un comunicato letto con voce grave, Jaruzelski annuncia quello che è sostanzialmente un colpo di stato e un’auto-occupazione della Polonia, che quasi in preda al caos necessita di misure così drastiche. L’esercito, la ZOMO e la Milicja Ludowa invadono le strade, viene imposta la legge marziale, la libertà di movimento e il resto delle libertà personali sono fortemente limitate. Inizia lo stan wojenny, la legge marziale.

 

La legge marziale sembra, però, non riuscire a schiacciare le voci dissidenti presenti nel mondo della musica. Il festival di Jarocin nel 1982 viene organizzato normalmente, il che rappresenta un’eccezione, visto che altri festival ben più famosi a livello nazionale e internazionale (come quello di Sopot o quello di Opole) vengono sospesi. Nascono, tra il 1981 e il 1982, altri gruppi destinati a fare la storia della musica rock, punk e new-wave in Polonia, come i Lady Pank, gli SS-20 (che poi, essendo il loro nome ispirato a quello del nome in codice NATO dei missili balistici sovietici e quindi rappresentando, per le autorità, una provocazione troppo audace, cambieranno il nome in Dezerter) o, soprattutto, i Kult.

 

Il festival ha una fama sempre più grande e ben 107 gruppi, nel solo 1981, inviano la propria candidatura per partecipare (ne verranno accettati appena 16), mentre nel 1982 sono ben 300 le candidature. Il festival, tra l’altro, annovera tra i propri organizzatori l’équipe di Studio 2, una trasmissione della tv nazionale. Iniziano a farsi strada il punk e la critica al sistema che lo caratterizza. Le provocazioni sono sempre più esplicite. I Brygada Kryzys cantano:

 

Czemu spiskują narody
I ludy na próżno się burzą
Zbierają się królowie Ziemi
I radzą przeciw nam?
A ty wyjdź na wysoką górę
Wyjdź na górę Syjon
Wyjdź na górę Meru
Głoś na cały świat:
Babilon upadł!
Babilon upadł!
Babilon upadł!
Babilon upadł!
Perché le nazioni cospirano
E i popoli si ribellano invano
I re della terra si riuniscono
E si danno consigli contro di noi?
E (allora) tu vai su un’alta montagna
Scala il monte Sion
Scala il monte Meru
Di’ a tutto il mondo:
Babilonia è caduta!
Babilonia è caduta!
Babilonia è caduta!
Babilonia è caduta!

 

Babilonia è caduta, dicono i Brygada Kryzys. Con la dichiarazione dello stan wojenny, la Babilonia della Repubblica Popolare Polacca è caduta – e ciò è sotto gli occhi di tutti, senza che il regime possa farci nulla.

 

 

“Fabryka małp”

 

È il 1983. Lech Wałęsa, arrestato poco dopo l’annuncio di Jaruzelski e detenuto al confine con l’Unione Sovietica, è stato liberato ormai nel novembre 1982 e lo stan wojenny termina, almeno ufficialmente, a luglio e, ad agosto, gli organizzatori del festival decidono nuovamente di cambiarne il nome in Festiwal Muzyków Rockowych, Festival dei musicisti rock. Un nome più corto e sicuramente meno istituzionale per un evento dal successo sempre più grande e la cui fama si è sparsa in tutto il Blocco orientale, nel quale Jarocin non ha eguali.

 

Jarocin acquista di anno in anno un significato più potente e consolida sempre di più il proprio status di spazio di libertà all’interno di quella fabryka małp, fabbrica di scimmie, che, proprio nel 1983, cantavano i Lady Pank. Essi descrivono la vita urbana di Varsavia, ma anche la vita in generale in Polonia, come una giungla, come un luogo selvaggio in cui ogni giorno si deve lottare violentemente per la propria vita. Non mancano, nella canzone, riferimenti allo stan wojenny appena terminato, ma del quale le conseguenze continuano a caratterizzare la vita di tutti i giorni:

 

Dokoła wre stan totalnej wojny.
Zabijać się, to jedyny sport.
Va a pieno ritmo lo stato di guerra totale.
Uccidersi l’un l’altro è l’unico sport.

 

Isola di libertà o meno, i servizi segreti non possono di certo ignorare l’evento e, per la prima volta, vengono censurati i testi dei gruppi che vi partecipano. I musicisti, però, non si lasciano scoraggiare e, per aggirare la censura, cambiano alcune delle parole (come avvenuto con la canzone già citata Babilon upadł, dove “Babilon” sostituisce “system”) o, addirittura, sostituiscono i pezzi censurati con onomatopee o suoni senza un vero significato. Ciò comunicava al pubblico che il pezzo era stato censurato, ma che non c’era alcuna intenzione di rinunciare a suonarlo.

 

Nel documentario Jarocin. Po co wolność (2016) viene citato l’esempio di una canzone del gruppo Acapulco intitolata ZSMP (la sigla dell’Unione della Gioventù socialista polacca), censurata perché, sostanzialmente, veicolava un messaggio secondo il quale la gente si iscriveva alla citata organizzazione soltanto per poter viaggiare, per potersi iscrivere all’università e per altri vantaggi. Il cantante, proprio durante il festival di Jarocin, utilizzò il seguente espediente (testo censurato tra parentesi):

 

Chcesz dostać się na studia
La la la la la (Zapisuj się)
La la la la la (Do ZSMP)
Vuoi entrare all’università
La la la la la ((E allora) iscriviti)
La la la la la (Al ZSMP)

 

 

Pur essendo lo stan wojenny ufficialmente terminato, la popolazione e gli artisti non dimenticano affatto ciò che hanno dovuto subire. Cantano i Maanam nel 1983, nella loro canzone Nocny patrol (Pattuglia notturna):

 

Nocny patrol czuwa, kroczy ochoczo
Zagląda do okien, rozgląda się wokół
Wszystko w porządku więc od początku
Tam gdzie latarnie, gdzie świateł blask.
La pattuglia notturna è in allerta, marcia con vigore
Guarda alle finestre, si guarda intorno
Va tutto bene, dunque (si riparte) dall’inizio (della pattuglia)
Laggiù dove sono i lampioni, dove brillano le luci.

 

E poi:

 

Śpij, śpij spokojnie śpij
Oddychaj głęboko, śnij różowo śnij.
Dormi, dormi, dormi tranquillo
Respira profondamente, fai sogni d’oro.

 

Nocny patrol appare come una ninna-nanna che sembra rassicurare una non definita persona (nella quale, però, si può identificare qualsiasi polacco) sulla benevolenza di chi pattuglia (e quindi, di coloro che hanno pianificato la legge marziale), ma che in realtà è una dolorosa e quasi straziante presa di coscienza del fatto di trovarsi in uno stato senza libertà.

 

 

“ Po co wam wolność?”

 

Ora è il punk, la musica di protesta per eccellenza, a farla da padrone a Jarocin. I gruppi che partecipano al festival sono sempre di più e sempre più aggressivi sono i loro testi. Mamy dla was kamienie (“Abbiamo le pietre per voi”), cantano i giovani Róże Europy durante la loro prima esibizione, nel 1985. La canzone è una diretta minaccia al sistema e all’apparato statale. È anche un’esplicita incitazione alla ribellione.

 

Patrzymy pomnikom w oczy
W których uśmiechu zginęło dzieciństwo
I nietolerancja instytutów
Zagubiła horyzont
A ja biegnę, biegnę, biegnę po ulicy
I eksploduje moje serce
I ciągle, ciągle jeszcze więcej
Nigdy dosyć rewolucji

Wyżej, wyżej, wyżej, wyżej, w góre ręce!
Wyżej, wyżej, wyżej, wyżej, w góre ręce!
Guardiamo i monumenti negli occhi
Nel sorriso dei quali è morta la (nostra) infanzia
E l’intolleranza degli istituti
Ha perso l’orizzonte
E io corro, corro, corro per la strada
Ed esplode il mio cuore
E ancora e ancora, sempre di più
Di rivoluzione non ce n’è mai abbastanza

Più in alto, più in alto, più in alto, più in alto, in alto le mani!
Più in alto, più in alto, più in alto, più in alto, in alto le mani!

 

La fine degli anni Ottanta è un periodo di vero e proprio fermento. È ormai chiaro che il regime non avrà vita lunga. Dove i beni di prima necessità diminuiscono, la voglia di libertà aumenta. A Jarocin, il festival attrae così tanti gruppi desiderosi di parteciparvi, che gli organizzatori sono costretti a usare più spazi. In un “anfiteatro” (che in realtà altro non è che uno spazio aperto in mezzo ad uno dei boschi che circondano la città) si svolgono le audizioni di tutti i gruppi e solo coloro che effettivamente vengono selezionati finiscono per suonare nello stadio (dove si teneva, dal 1983, tutto il festival – prima veniva organizzato nell’anfiteatro e ancor prima nella casa della cultura della città).

 

Nel 1987 giungono a Jarocin i Kult e hanno un exploit forse mai visto prima durante il festival. Tra le canzoni del loro repertorio spicca Arahja, il cui testo parla di un ragazzo il cui corpo e la cui casa sono divisi da un muro – chiaro riferimento al Muro di Berlino e alla Cortina di ferro. Ad emozionare le masse, però, è un’altra canzone: Po co wolność? (A che serve la libertà?). Afferma, nel documentario Jarocin. Po co wolność, Tomasz Budzyński, membro degli Armia e dei Siekiera:

 

Ricordo bene un concerto dei Kult, dev’esser stato qualcosa come il 1986 o il 1987. Fu un concerto così epico, che scoppiai a piangere quando suonarono (Po co) wolność. Rimasi lì impalato ad ascoltare. C’erano anche Maken e la sua ragazza Aśka. Piangevano anche loro.

 

Giovani spettatori del Festival di Jarocin (foto dalla pagina Facebook Jarocin w obiektiwie)

 

Canzone forte, ironica e aggressiva, Po co wolność? è una critica a coloro che pensano che la vita nella Repubblica Popolare Polacca non sia poi così male e che la libertà della quale godevano gli occidentali sia inutile, vista la disponibilità di servizi e di altre piccole cose (“Wolność, po co wam wolność? Macie przecież do pracy autobusy! Wolność, po co wam wolność? I bezpłatny przydział spyritusu”, “Libertà, a che vi serve la libertà? Dopotutto, avete gli autobus che vi portano a lavoro! Libertà, a che vi serve la libertà? E (avete) la fornitura gratis di alcol”). La ruvida voce di Kazik Staszewski imita un ipotetico interlocutore, interrompendo, durante il ritornello, il botta e risposta con quella che è uno scimmiottamento del linguaggio di partito:

 

Maszerujmy ramię w ramię
Ku słońcu świata nowego
Zbudujemy nowy most
Imienia przewodniczącego.
Marciamo fianco a fianco
Verso il sole del nuovo mondo
Costruiremo un nuovo ponte
In nome del presidente.

 

Infine, Kazik si rivolge probabilmente ai suoi compatrioti e si abbandona a quello che, effettivamente, è uno sfogo, uno sfogo in cui tutti possono ritrovarsi:

 

Czy słyszysz? Czy słyszysz?
Co tu dzieje się od lat?
Jaki wokół siebie szum wytwarza ten fatalny świat?
Co za fatalny świat?
Podzielony granicami
Z ludźmi, których kochasz
Rozmawiasz tylko listami
Czujesz ich jedynie przy pomocy pocztowego kleju
Tylko dlatego, że mieszkają w innym kraju
Na tym świecie każdy jest zachłanny i pazerny
Na tym świecie każdy chce pieniądze i koncerny
Kilku frajerów rządzi świata tego polityką
A potężniejsi z nich myślą o władzy nad galaktyką.
Senti? Senti
Cosa succede qui ormai da anni?
Quanta confusione crea attorno a sé questo mondo disgraziato?
Che mondo disgraziato
Diviso da confini
Con le persone che ami
Puoi parlare solo attraverso delle lettere
Le puoi sentire solo con l’aiuto della colla (per le lettere)
Soltanto perché vivono in un altro paese
Tutti in questo mondo sono avidi e avari
Tutti in questo mondo vogliono soldi e grandi compagnie
Qualche stronzo manovra la politica di questo mondo
E i più potenti di loro pensano (già) al potere sulla galassia.

 

È indubbio, a questo punto, che la situazione in Polonia stia cambiando. Gli anni ’80 stanno terminando e il regime si sgretola pian piano. I gruppi che suonano a Jarocin sono in qualche modo i catalizzatori, almeno per quanto riguarda la gioventù e le di essa subculture, del desiderio di cambiamento e di libertà che ormai viene espresso apertamente. Nulla possono la censura, la ZOMO, la Milicja Ludowa o Jaruzelski. Quest’ultimo è costretto a trattare con Wałęsa e Solidarność, passando gradualmente a questi ultimi il potere durante i famigerati colloqui “della tavola rotonda”.

 

Cade il Muro di Berlino, cade la Cortina di ferro. A partire dal 1990 Jarocin inizia a perdere forza. Con la caduta del blocco orientale non c’è più l’influsso di giovani dagli altri stati socialisti, che ora si riversano ad occidente. Nella stessa Polonia si moltiplicano altri eventi simili, aumenta perciò la concorrenza, mentre diminuisce lo status di Jarocin come luogo sicuro dove poter esprimere la propria libertà e il proprio dissenso verso il sistema. Vengono meno gli ideali che coloro che, nel 1980, riorganizzarono il festival avevano in mente. Il punk lascia il posto, di nuovo, al rock e la rendita del festival è sempre peggiore. Nel 1994 caos, danneggiamenti di proprietà private in città e scontri tra alcuni esponenti del pubblico, alcuni musicisti e la polizia, causano l’annullamento del festival, che fino al 2005 non verrà riorganizzato.

 

Una via di Jarocin devastata dopo il Festival del 1994 (foto dalla pagina Facebook Jarocin w obiektiwie)

 

Jarocin è stato sinonimo di buona musica, divertimento, ma soprattutto di libertà, leggerezza e solidarietà. Per più di un decennio i giovani polacchi e di tutto il Patto di Varsavia (se avevano la possibilità di arrivare fino a Jarocin) hanno saputo di avere un luogo in cui potevano avere tutto quello che a casa, nelle loro città, gli era impossibile raggiungere. Con un’atmosfera conviviale e rilassata, ma comunque piena di energia, Jarocin era il posto adatto per essere giovani in un contesto che, invece, pareva ostacolare l’essere giovani. Oltremodo, al festival hanno partecipato e hanno fatto la comparsa band e, in generale, personalità della musica importantissime per la scena polacca, vere e proprie voci di un paese stritolato dalla censura e dalla mancanza di libertà di espressione.

 

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