Já byl: anarchia e erotismo nell’arte di Toyen

Ricostruire la vita e la figura di Toyen non è affatto semplice. I motivi dietro a questa complessità sono essenzialmente due. Il primo risiede nel fatto che la sua produzione oggi è praticamente sconosciuta al pubblico straniero, il secondo si lega invece all’alone di mistero che alleggia intorno alla sua figura. Il tentativo, quasi cabarettistico, di delineare Toyen è metaforicamente una realizzazione di un collage, tecnica particolarmente cara agli artisti dell’avanguardia ceca. I tasselli di questo collage sono tratti dai ricordi di altri grandi membri dell’avanguardia, come Vítězslav Nezval o Jaroslav Seifert. Un altro motivo che rende particolarmente complesso parlare di Toyen è la questione legata al genere. Infatti, sebbene di sesso biologico femminile, Toyen ha sempre chiesto di essere individuata con il genere maschile. Afferma Seifert:

“[…] non amava nemmeno il suo genere femminile. Parlava solo al maschile. All’inizio per noi fu un po’ inconsueto e grottesco, ma col tempo ci facemmo l’abitudine.”

Questo aspetto viene ricordato anche da Nezval, quando il rimarca la sua abitudine  a impiegare l’espressione já byl, ovvero la variante maschile ceca di “io ero”. Il nome di battesimo di Toyen era infatti Marie Čermínová, odiato e rifiutato dall’artista. Come si legge all’interno delle memorie dei membri dell’avanguardia, questo desiderio di essere associata al genere maschile e non a quello femminile risultava una richiesta straniante e “grottesca” agli occhi dei contemporanei. Difatti, all’interno dei trafiletti che ne tratteggiano in modo laconico la figura viene puntualmente utilizzato il genere femminile. Un motivo di questo effetto “straniante” è da ricercarsi anche nell’effetto che Toyen aveva sui suoi contemporanei. L’artista era particolarmente affascinante per i poeti e gli artisti con cui aveva quotidianamente a che fare, tanto da diventare una vera e propria “musa del Devětsil”. Questo non tanto per il fascino estetico, quanto per i suoi atteggiamenti e la sua produzione artistica. A parlare del fascino di Toyen non sono solo i rappresentati del Devětsil, ma anche poeti francesi come gli stessi André Breton e Paul Éluard. Questo rifiuto del nome di battesimo e, al contempo, di esporre i suoi quadri impiegandolo si trasforma in una continua richiesta di possedere un soprannome adatto.

 

 

Anche riguardo all’origine dell’appellativo “Toyen” non esiste una versione definitiva delle dinamiche, ad esser certo è solo il fatto che inizia ad essere impiegato ufficialmente a partire dal 1923. Il poeta Jaroslav Seifert afferma infatti di essere stato proprio lui a inventarlo, scrivendo TOYEN di getto su un pezzettino di carta una sera al Caffè Nazionale passata insieme all’artista. Secondo invece una versione rilasciata da Toyen durante un’intervista, il nome deriverebbe dal francese “citoyen”. Tra gli artisti dell’epoca esistono moltissime altre interpretazioni del nome e della sua origine, fatto che testimonia non solo il grande interesse nei confronti dell’artista ma anche il fatto che questo suo carattere indefinibile viene percepito già dai suoi contemporanei. Interessante è però l’interpretazione che ne viene data in senso psicanalitico da Bohuslav Brouk, una figura poliedrica del periodo, che afferma come l’appellativo Toyen possa sciogliersi nel ceco “to je on”, ovvero “è lui”.

Non c’è da stupirsi del fatto che un artista prenda la decisione di impiegare un nome d’arte in sostituzione del proprio nome di battesimo, nel caso di Toyen questa presa di posizione è un gesto del tutto rivoluzionario. Infatti, non bisogna dimenticare che si sta parlando di un contesto come quello degli anni Venti che, sebbene segni una rivoluzione profonda sul piano artistico, è ancora particolarmente stagnante per quanto riguarda la questione sociale, in particolare quella di genere. La decisione di impiegare il nome “Toyen” non è quindi unicamente da vedersi come un gesto prettamente connesso allo status dell’artista in quanto tale, ma dettato da una necessità che è rilegata nell’intimo della sua personalità. “Toyen” è la risposta a un grido di rifiuto, a un bisogno impellente di uscire dalle convenzioni sociali, per potersi così costruire un’identità su misura.

Toyen nasce nel settembre del 1902 in un luogo indefinito, sebbene ci siano ipotesi che ne collocano la nascita nella Boemia meridionale. Per quanto riguarda le sue origini, si legge in Nezval il fatto che Toyen ha sempre affermato di “non avere e non aver mai avuto una famiglia”. Se l’infanzia e la prima giovinezza dell’artista rimangono dunque un mistero, quella che è certa è invece la sua formazione. Difatti, si forma presso la Vysoká škola uměleckoprůmyslová v Praze (Accademia di arte, architettura e design di Praga) sotto la guida degli insegnamenti del pittore Emanuel Dítě. La vita di Toyen cambia radicalmente dopo l’incontro con il pittore Jindřich Štyrský, un altro grande esponente dell’avanguardia ceca. Si può parlare in termini di cambiamento radicale perché proprio Štyrský diverrà il partner artistico di Toyen. I due entrarono a far parte del gruppo d’avanguardia Devětsil nel 1923, all’interno del quale misero in moto una sperimentazione artistica che li portò a istituire i dettami della corrente chiamata Artificialismo. Citando ancora le preziose memorie di Jaroslav Seifert:

“Il giovane Devětsil era dunque cresciuto di due nuovi e giovani membri, pittori, persone interessanti. Erano entrambi seguaci appassionati di Picasso e Braque e sembrava che la giovane pittrice dipingesse all’ombra del suo amico più anziano Ma, come si rivelò presto, non era proprio così. […] E quando, qualche anno più tardi, André Breton aprì sul mondo le finestre del surrealismo, Nezval, Teige, e i due pittori recepirono subito le ricche possibilità del suo mondo fantastico e inesauribile. E già da tempo si era manifestato il talento femminile e del tutto personale di Manka Čerminová.”

 

 

Sebbene anche qui si riveli la tendenza a non distaccarsi da categorizzazioni di genere tradizionale, è bene osservare come venga sottolineato il talento del tutto personale dell’artista. L’arrivo della coppia di pittori viene vista come una spinta a liricizzare i tratti del cubismo. Movimento ormai giunto alla sua fine e presto considerato espressione di epigoni da parte dei rappresentanti del Devětsil, sebbene questo continui a rappresentare un riferimento fondamentale a livello profondo. Nel 1925 ha inizio la loro permanenza a Parigi, che avrà un ruolo determinante nella loro evoluzione artistica, grazie ai numerosi contatti con gli artisti e gli intellettuali che animavano la capitale francese sul finire degli anni Venti, tra cui il pittore ceco Josef Šíma.

Riguardo all’opera di Toyen, questa si affianca in parte a quella Štyrský. All’interno della produzione dell’artista è possibile riscontrare la sperimentazione delle forme artistiche più disparate. Tra queste, la produzione particolarmente feconda di illustrazioni. A parlare delle illustrazioni di Toyen è proprio Štyrský all’interno del suo testo Inspirovaná ilustrátorka (“L’illustratrice ispirata”):

“La realtà e le forme dell’immaginazione, la poesia e la fabula dei racconti sono rappresentati e dipinti in uno stadio ultravioletto all’interno delle illustrazioni libresche di Toyen. Scompaiono e diventano invisibili in quanto oggetti, per riemergere di nuovo trasformati in arabeschi e in relazioni di punti, linee e superfici provocanti gli uni con gli altri. Le parole e le atmosfere della poesia vengono rifuse nelle forme artistiche.”

Dopo queste prime parole, dove già con l’aggettivo “provocanti” si allude a una dimensione erotica sottesa all’arte di Toyen, il discorso di Štyrský vira definitivamente verso l’erotismo:

“Toyen è riuscita a creare una sorta di illustrazione dell’amore moderno. Nei suoi disegni troviamo soprattutto un’unica predilezione: la predilezione della bellezza femminile. Un torso di donna, occhi nobili, pieni di noia d’amore, orribili e pervertiti nel momento dell’orgasmo, delicatamente sfocati nell’ora della morte, i seni celati da abiti svolazzanti, squarciati da un pugnale […].”

L’opera di Toyen è animata da un interesse nei confronti dell’erotismo sin dagli anni Venti, quando i suoi soggetti iniziano ad essere prettamente legati all’atto sessuale, indagando anche la prospettiva omosessuale dell’amore lesbico. Ma non solo, l’erotismo di Toyen passa dal rappresentare la masturbazione giungendo anche a perversioni che vanno oltre la semplice sfera del rapporto sessuale umano. Molte delle opere e degli schizzi di questo periodo, soprattutto quelli più estremi dal punto di vista delle rappresentazioni, vengono firmate con la sola iniziale “T.” oppure con la dicitura “XX”. L’opera dell’artista attraversa diversi gradi di erotismo, anche in relazione ai destinatari delle sue opere. La tendenza a “smorzare” le sue ispirazioni artistiche nel momento in cui si rivolge al grande pubblico e non a una cerchia ristretta di conoscenti è probabilmente da ricercarsi proprio in questa tendenza di Toyen a voler in qualche modo conservare la propria riservatezza.

 

 

Negli anni Trenta Toyen realizza diversi disegni per la rivista Erotická revue, pubblicata da Štyrský tra l’ottobre 1930 e l’aprile 1933. Nonostante la tiratura bassissima di questa rivista, che “non poteva essere venduta pubblicamente”, essa rappresenta un esempio calzante della ricerca artistica di Toyen legata all’erotismo. All’interno di questa, gli inserti artistici realizzati da Toyen sono di grande qualità artistica e rispecchiano quel fascino dell’erotismo che è proprio del Devětsil. Se con il poetismo questo tema viene sciolto in metafore delicate, con l’avvento del surrealismo sfocia in un’esaltazione esplicita e indifferente a ogni tipo di comune censura. Questo si vede chiaramente in Toyen, dove le immagini falliche vengono declinate secondo diverse prospettive e simbologie. Alcune rappresentazioni dei genitali maschili hanno dimensioni enormi, sovrastando e attorcigliando le figure umane in una stretta di erotismo da cui è impossibile separarsi. A questo si aggiungono anche immagini che toccano la blasfemia, come uno dei disegni in cui un profilo femminile è posto su di un altare, esaltato così a simbolo religioso venerato dall’uomo. Un alto esempio interessante è la rappresentazione del fallo in senso “botanico”, raffigurati come su un libro di biologia e con i tratti di un vegetale, richiamando così in un certo senso a una dimensione “bucolica” e “naturale” della dimensione sessuale.

Gli anni dell’occupazione nazista segnano una forte stagnazione nell’evoluzione dell’avanguardia e l’ascesa del regime comunista la sua disgregazione definitiva. Durante il periodo del Protettorato Toyen si premura di proteggere l’amico di origini ebraiche Jindřich Heisler, nascondendolo in casa propria. Questo gli causò non pochi problemi a livello psicologico, più che alto derivati dall’ossessione di essere scoperto. Nel 1947, Toyen decide di trasferirsi definitivamente a Parigi proprio insieme a Heisler, dove collabora a stretto contatto con artisti della cerchia di Breton. Nonostante questa decisione definitiva di abbandonare Praga, dovuta anche dalla delusione nei confronti degli ideali comunisti di cui gli intellettuali della sua generazione si erano nutriti, il ricordo delle sue radici artistiche rimane molto forte. Infatti, proprio in questi anni dipinge il ciclo di immagini Pražská domovní znamení (“I segni della casa praghese”). La vita di Toyen non fu affatto semplice, soprattutto a causa del peso della Storia e degli ultimi anni, caratterizzati da un grande sentimento di solitudine che l’accompagnò fino alla morte, avvenuta nel novembre del 1980.

La figura di Toyen è destinata a restare avvolta in una nube di mistero, anche per suo stesso volere. L’immagine mitizzata che rimane oggi e quella dell’artista che protesta costantemente nei confronti delle convenzioni borghesi. A questo si aggiunge la decisa presa di posizione anarchica verso ogni forma di comportamento imposta dai costumi sociali. La rivoluzione personale dell’artista, esaltata sia sul piano artistico che su quello personale, rappresenta forse un esempio unico all’interno del fenomeno delle avanguardie. In abito da uomo e con un papillon al collo, rappresenta una figura che trasuda fascino e ambiguità, un’ambiguità volutamente cercata da Toyen e che si realizza in una semplice espressione: Já byl.

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