Il seme comunista: origini della Repubblica Popolare di Polonia (PRL) tra storia nazionale, totalitarismi e alleati (1918-1945)

La Polonia del dopoguerra condivise un destino comune a quello di molti altri paesi dell’Est Europa, un destino segnato dall’egemonia e durezza del gigante sovietico. Sebbene le sorti delineatesi dopo il ’45 la accomunarono ai suoi vicini geografici, il caso della Polonia della seconda metà del XX secolo rimane però in parte unico se messo a confronto con quello ucraino, bielorusso o degli altri Paesi del blocco orientale: se infatti la Polonia rappresentò la scintilla per lo scoppio della seconda guerra mondiale, non fu mai una RSS (Repubblica Socialista Sovietica) dopo la fine del conflitto, ed ebbe poi il ruolo di baluardo simbolico della decadenza dell’apparato socialista con la graduale mutazione a democrazia effettiva dopo il 1989, grazie all’operato politico e sociale di Solidarność.

Per giungere però a quella che fu la fine del comunismo (in Polonia e in Europa), è necessario iniziare un percorso a ritroso per comprenderne al meglio dinamiche e sviluppi che hanno portato alla formazione dello stato sovrano che oggi conosciamo come III Rzeczpospolita (Terza Repubblica). Formalmente, la Polska Rzeczpospolita Ludowa nasce il 22 luglio 1952 con la promulgazione da parte del Sejm della Costituzione della Repubblica di Polonia (detta anche Costituzione di luglio), ma la PRL affonda le sue radici nel pieno della seconda guerra mondiale, prodotto di un’intricata tela di accordi, sotterfugi, soprusi e morte. Nel periodo antecedente alla costituzione di luglio, per circa otto anni la Polonia visse un periodo di transizione e ricostruzione generale durante il quale esisteva sotto il nome di Repubblica Polacca (ma già di fatto sotto influenza sovietica). Ovviamente, le idee rivoluzionarie (se così si possono definire, vista la mancanza di una rivoluzione e la presa di potere mediante praticamente occupazione) non giunsero in Polonia per la prima volta nel periodo del conflitto bellico, ma hanno origini decisamente più lontane che risalgono ai tempi della Rivoluzione d’Ottobre.

 

I primi rapporti sovietico-polacchi e le origini del comunismo polacco

 

Il 16 dicembre 1918 dall’unione dei partiti SDKPiL (Socialdemocrazia del Regno di Polonia e Lituania) e PPS-Lewica (Partito Socialista Polacco – Sinistra) nacque il KPRP (Partito Comunista Operaio Polacco), che a partire dal 1925 acquisisce il nome di KPP (“Partito Comunista Polacco”) sino al suo scioglimento nel 1938. Il clima in cui nasce il partito in Polonia è un clima di fermento, dato dall’instaurazione recente e ancora in corso di una dittatura proletaria: le forze rivoluzionarie sono in piena guerra civile, lottano contro i cosiddetti bianchi controrivoluzionari (fedeli allo Zar, alleati occidentali, eserciti nazionalisti) al fine di ottenere i territori appartenuti all’appena soggiogato Impero, che approfittano del momento storico per autoproclamarsi indipendenti. Tra questi territori rientra quello polacco.

La Polonia, dopo ben 123 anni di dominio straniero, ebbe finalmente l’occasione di riacquistare la sovranità: a partire dal 1918 riprese parte dei territori che storicamente le appartennero; inoltre, la mancanza di un confine orientale ben definito a causa della questione russa (guerra civile in atto, esclusione dalla conferenza di pace di Parigi per la rivoluzione) alimentò le speranze dei polacchi in un ritorno sulla scena europea, sotto la guida del carismatico maresciallo Józef Piłsudski. Il progetto iniziale del comandante polacco era infatti quello di restituire alla Polonia il prestigio politico e territoriale dell’antica Rzeczpospolita Obojga Narodów (“Repubblica delle Due Nazioni” o “Confederazione polacco-lituana), esistita formalmente fino alla terza e ultima spartizione della Polonia (1795). Il suo, in realtà, fu un progetto di poco successo: denominato Międzymorze (Tra i mari), mirava alla formazione di una confederazione tra Polonia, Lituania, Bielorussia e Ucraina, che potesse eventualmente includere poi anche altri stati dell’entroterra europeo. L’idea venne già concepita dal principe in esilio Adam Jerzy Czartoryski nel corso del XIX sec, quella di Czartoryski era caratterizzata però da una tendenza panslavista. Alla vigilia degli anni ’20, Józef Piłsudski ebbe l’appoggio del popolo polacco anche su territorio lituano, bielorusso e ucraino, ma trovò l’opposizione delle frange indipendentiste, che rifiutavano un nuovo dominio straniero. In diverse occasioni (anche durante il secondo conflitto mondiale) la Polonia venne tacciata di imperialismo: se tuttavia da un punto di vista oggettivo esistono delle basi fondate per un’accusa del genere, essa si rivelò un ottimo punto d’appiglio a favore delle potenze nemiche straniere (soprattutto per l’URSS) nella lotta contro i polacchi. Ne conseguì quindi la guerra cosiddetta sovietico-polacca, durata due anni e conclusasi con la pace di Riga (18 marzo 1921), mediante la quale la Polonia e la nascente Unione Sovietica ridimensionarono -almeno momentaneamente- le proprie mire espansionistiche. La Polonia riuscì ad ottenere parte della Lituania, della Bielorussia e dell’Ucraina. Nel 1922, dopo gli ultimi sviluppi in materia territoriale, la Seconda Repubblica Polacca compariva nuovamente così agli occhi degli altri europei:

 

Fonte: YouTube, II RP – Droga do niepodległości (Animacja zmiany granic).

 

La Polonia riuscì a resistere alla potente controffensiva sovietica, la cui compagine vedeva nella guerra contro i polacchi il miglior metodo di espansione degli ideali rivoluzionari. C’è da sottolineare che un’eventuale mancata resistenza polacca avrebbe spianato la strada ai bolscevichi verso l’unione con i comunisti tedeschi, protagonisti anche loro di un periodo politico tutt’altro che tranquillo. Si smorza dunque il sogno di Piłsudski, ma la Polonia torna ufficialmente a essere uno stato sovrano. In ogni caso, l’idea di una confederazione tra stati dell’Europa centrale è un leitmotiv ricorrente nella politica polacca novecentesca, come avremo modo di analizzare più avanti. In tutto ciò, ricordiamo che poco prima dell’inizio della guerra bolscevico-polacca (iniziata il 14 febbraio 1919), proprio in Polonia due mesi prima era nato quello che diventerà ufficialmente il Partito Comunista Polacco. In realtà, il partito divenne illegale nel giro di pochissimo tempo: non era conforme alle direttive vigenti all’epoca sulla creazione di associazioni (rifiutava la sovranità del nuovo Stato Polacco), ed era stato bandito per ovvi motivi inerenti alla guerra in atto contro la Russia sovietica. Rimase in questo status di illegalità fino al suo scioglimento (1938), ma durante la guerra del 1919-1921 fu una cellula attiva al servizio di Mosca. Nel 1920, infatti, Feliks Dzierżyński, conosciuto ai più come ideatore concettuale della Čeka, comandava la sezione comunista polacca e di lì a poco il Polrewkom, il Comitato rivoluzionario temporaneo polacco, che si sarebbe dovuto occupare dell’istituzione di un governo sottoposto ai voleri della Russia sovietica in caso di vittoria in guerra. A partire dal 1922 il Partito Comunista Polacco è membro del Komintern, rappresentando anche le sezioni comuniste di Bielorussia e Ucraina occidentali. Le fratture interne, come anche i dissidi con il potere sovietico, non mancarono nella frangia polacca, che fece sempre presenti (anche davanti allo stesso Stalin) le proprie ragioni e punti di vista politici, visti i sempre più crescenti attacchi che la investivano. A partire già dagli anni ’20 il partito polacco fu oggetto di infiltrazioni da parte del governo in carica, aventi come unico obiettivo lo smembramento dell’organizzazione. Durante gli anni ’30 il sabotaggio fu talmente influente che rese gradualmente possibile qualsiasi attività di partito. Stalin, conscio di questa situazione e nel bel mezzo delle grandi purghe, sciolse ufficialmente il Partito Comunista Polacco il 16 agosto del 1938.

 

Piłsudski e il concetto di “sanacja”

 

Considerato un eroe nazionale e padre fondatore della moderna Polonia, Józef Piłsudski (1867-1935) trascinò i polacchi verso l’indipendenza grazie al suo carisma e alla sua notevole abilità politica. Durante la prima guerra mondiale venne chiamato ad organizzare e comandare le truppe polacche schierate accanto agli Imperi centrali (Germania, Impero austro-ungarico, Impero ottomano, Bulgaria); una prima svolta, seppur minima, avvenne nel 1916 con l’istituzione del Regno di Polonia (ancora stato soggetto al potere tedesco, di fatto uno stato fantoccio). Tuttavia, sarà proprio questa istituzione, con il crollo degli Imperi, a permettere al futuro maresciallo di prendere il potere: il Regno di Polonia era ai tempi governato dal Consiglio di Reggenza, facile bersaglio da rovesciare dopo la caduta dei governi centrali. Seguì infatti poi la Sollevazione della Grande Polonia (1918-19), che vide protagonista la città di Poznań contro una Germania distrutta dai conflitti interni e dalla fine della Grande Guerra: da qui germoglierà la II Rzeczpospolita, il cui inizio viene fatto risalire simbolicamente all’11 novembre 1918, momento in cui Józef Piłsudski ebbe la meglio sul Consiglio di Reggenza di Varsavia.

Il generale Piłsudski si trovò dunque a comando della neonata Polonia, riconosciuta ufficialmente come stato indipendente già nel Trattato di Versailles (1919). Come già ricordato in precedenza, il nuovo capo di Stato si troverà impegnato nella guerra bolscevico-polacca fino al 1921, anno in cui verrà promulgata la Konstytucja marcowa (Costituzione di marzo), la quale andrà a sostituire la mała (piccola) del periodo bellico.

Nel periodo 1919-1926, la Seconda Repubblica è di fatto una repubblica parlamentare: nel 1922 ebbero luogo le elezioni che consacrarono Narutowicz primo presidente della Repubblica polacca. Le elezioni in realtà restituirono l’esatto spaccato politico che la Polonia si ritrovò a vivere in quegli anni: i candidati alle presidenziali furono inizialmente cinque, finché non si giunse al ballottaggio finale tra Maurycy Zamoyski e Gabriel Narutowicz. Il primo, ricco proprietario terriero, godeva dell’appoggio di quasi tutta la destra sicura della sua vittoria, mentre Narutowicz, non legato ad alcun partito, venne inizialmente appoggiato solo dal PSL “Wyzwolenie” (Partito popolare polacco – Liberazione), coalizione di sinistra. Con la sconfitta degli altri candidati, la svolta avvenne proprio negli ambienti di destra, dove il PSL “Piast” (Partito popolare polacco – Piast), caratterizzato invece da un’impronta conservatrice e religiosa – ma comunque vicina alla questione contadina, si scagliò contro Zamoyski, un possidente agiato, poiché ideologicamente incompatibile con la loro linea di pensiero. In questo modo, grazie anche al sostegno della sinistra e delle minoranze etniche, Gabriel Narutowicz prese le redini del nuovo stato polacco, ma il suo mandato durerà appena 5 giorni: venne infatti assassinato dalla frangia nazionalista, da un membro della Narodowa Demokracja (“Democrazia Nazionale”).

Dopo le elezioni, Piłsudski decise di ritirarsi dalla vita politica per occuparsi principalmente di questioni militari. Nel 1923 si trasferì a Sulejówek, reduce dal celebre discorso dell’Hotel Bristol a Varsavia, in cui esternò il suo disgusto per l’andamento della politica polacca, riferendosi soprattutto all’ambiente partitico. In questo periodo di silenzio politico, protrattosi fino al 1926, venne teorizzato il concetto di sanacja (letteralmente “sanificazione, guarigione”), mediante il quale il generale volle rimettere in piedi l’ormai instabile sistema politico polacco. Il termine venne usato per la prima volta da Adam Skwarczyński, che ne divise la paternità ideologica con Piłsudski e con Walery Sławek. Inizialmente questa linea di pensiero mirava alla creazione di una società egalitaria, ma vedendo la sempre più carente fiducia del popolo nelle istituzioni, Piłsudski optò per una svolta autoritaria, sancendo così il passaggio dall’egalitarismo all’elitarismo: infatti, già verso la fine del 1925, alcuni ambienti militari (e non più civili) a cui si rivolse espressero il loro pieno appoggio alle sue eventuali attività politiche future. Irritato dalle sempre più frequenti crisi politiche e cambi di governo, Piłsudski fu protagonista del colpo di stato del 12 maggio 1926, in seguito al quale venne introdotto un sistema politico autoritario permesso dalla nowela sierpniowa, atto che conferì un accentramento dei poteri nella figura del presidente grazie alla modifica della costituzione del 1921. Si vocifera addirittura che si sia ispirato alla marcia su Roma mussoliniana. Dal 1926 al 1935 la Polonia visse perciò il periodo della repubblica semipresidenziale sotto la guida del primo governo Piłsudski, che ricoprì le cariche di premier e, seguendo l’odierna concezione di cariche ministeriali, di ministro della difesa; per tutto il periodo 1926-1939 (ovvero fino all’invasione nazista del 1 settembre) Ignacy Mościcki ricoprì la carica di presidente della Repubblica.

Nel 1927 Walery Sławek creò il BBWR (Blocco Apartitico di Collaborazione con il Governo), che raccoglieva le forze partitiche secondarie della Seconda Repubblica per mantenere e sostenere il potere centrale di Piłsudski. Da un lato fu un ottimo compromesso per creare una rete di contatti e comunicazione tra le diverse fazioni politiche, ma dall’altro c’è comunque da tenere in considerazione il fatto che fosse un’associazione istituita dal potere per il potere. Alle elezioni parlamentari del 1928 il BBWR ottenne il 25% dei voti, assegnando ulteriori posizioni di potere ai rappresentanti della sanacja e scatenando la protesta delle restanti fazioni: fu l’inizio dell’opposizione al quasi-regime di Piłsudski, definito (soprattutto dalla sinistra) un regime di tipo fascista. Occorre sottolineare che, oltre alla presunta ammirazione da parte di Piłsudski per Benito Mussolini, il generale fu dichiaratamente filotedesco in funzione antirussa (ai tempi dell’indipendenza) piuttosto che il contrario. Questo andrebbe forse a chiarire la sua posizione politica, di natura socialista, avvicinandolo alle destre autoritarie del periodo.

 

Hitler rende omaggio a Józef Piłsudski durante il suo funerale

 

A partire dal 1930, con il secondo governo Piłsudski, iniziò la caccia agli oppositori politici. Si cercò di cambiare la costituzione, ma fu ancora legalmente impossibile, poiché sebbene la sanacja avesse ottenuto la maggioranza alle elezioni dello stesso anno, non fu abbastanza per permettere uno stravolgimento del genere. Nel 1932 iniziò la politica estera detta “dell’equilibrio”, riferita soprattutto al mantenimento dell’equilibrio tra Germania e Unione Sovietica, la quale potrebbe identificarsi come uno dei fattori che portarono, direttamente o indirettamente, ai fatti del 1939. Nel 1932 venne firmato il patto di non aggressione tra Polonia e Unione Sovietica, mentre nel 1934 quello con la Germania di Adolf Hitler. Lo stesso giorno, il 26 gennaio, sfruttando una situazione alquanto confusionaria in parlamento, Piłsudski riuscì a far approvare il nuovo progetto costituzionale, quello della futura Konstytucja kwietniowa (Costituzione d’aprile) per un maggior accentramento dei poteri. Il 12 maggio 1935, dopo una lunga malattia, Józef Piłsudski morì di cancro nel palazzo presidenziale del Belweder. Seguirono il lutto nazionale e i funerali di Stato. Nonostante il progetto di una guerra di prevenzione contro la Germania di Hitler, il Führer presenziò in alta uniforme alla cerimonia funebre, alimentando così il polverone politico sul conto dell’ormai defunto comandante polacco.

Dopo la morte del generale polacco, scoppiò una crisi interna al potere dovuta principalmente al crescente malcontento dell’opposizione e al fatto che il leader della sanacja non lasciò alcun testamento politico. Sławek venne gradualmente escluso dalle questioni statali, cosa che nel 1939 lo portò al suicidio. La maggioranza del parlamento era gestita dalla sanacja, ma le elezioni del ’35 furono un vero e proprio fiasco: alle urne si presentarono in pochissimi. In questo clima di tensione sociale a emergere furono le frange più estremiste della politica polacca, come quella delle minoranze etniche (ucraine, lituane, bielorusse) mosse da sentimenti indipendentistici, quella dei movimenti nazionalisti e vicini al fascismo, quella dei comunisti che vollero sbarrare la strada proprio all’estrema destra. Sullo sfondo troviamo anche, quasi paradossalmente conoscendo il destino della Polonia di lì a poco, molti episodi macchiati da un forte antisemitismo.

Il Partito Comunista polacco cercò di smuovere la sinistra proponendo un’alleanza contro quella che veniva definita banda faszystowska (“banda fascista”) del governo, senza però ottenere molto successo. D’altro canto, ci fu chi, già all’epoca, ne ebbe abbastanza dell’eterno scontro destra-sinistra estremiste, poiché caratterizzato da una parvente repulsione naturale al dialogo (e quindi da probabile incapacità di instaurarne uno): si tratta del Front Morges (“Fronte Morges”), organizzazione definibile di centro ostile sia agli estremismi politici del momento, sia al governo autoritario della sanacja. Esso sostenne la necessità immediata di sovvertire il sistema vigente in Polonia per assicurare la sicurezza nazionale viste le crescenti tensioni europee dovute all’URSS e al Terzo Reich; a continuare fu invece la politica della mediazione e dell’equilibrio. Nacque perciò l’OZN (“Associazione per l’Unità Nazionale”) per mano del generale Śmigły-Rydz, il cui credo si riassumeva nel trinomio Stato – governo autoritario – collaborazione tra classi sociali. La nuova organizzazione non venne accolta con entusiasmo, visto che, come per il BBWR, si temeva la sua monopolizzazione e la conseguente trasformazione in un ambiente direttamente e fortemente influenzato dal potere centrale. I punti cruciali del programma corrispondevano alle questioni più problematiche della Polonia di quegli anni, ovvero:

– sovrappopolazione delle campagne;
– necessità di industrializzazione;
– miglioramento dell’istruzione;
– miglioramento delle condizioni di vita delle minoranze etniche e quindi della convivenza con esse.

Nonostante i discreti risultati dal punto di vista economico ottenuti negli anni ’30, in fin dei conti nessuno fu in grado di affrontare con mano veramente decisa i suddetti problemi sociali. La situazione che si rivelò essere la più difficile da gestire fu quella delle minoranze etniche, soprattutto quella ucraina, che arrivò addirittura a sperare in un’invasione tedesca e quindi a un’eventuale liberazione da parte della Germania nazista del popolo ucraino.

Nel 1936 Hitler rimilitarizzò la regione della Renania: la Polonia si trovò in disaccordo, ma preferì non esprimersi pubblicamente a riguardo per paura di ripercussioni, soprattutto dopo aver notato il silenzio delle altre potenze europee sull’argomento. In Europa ricordiamo tra il 1936 e il 1939 la guerra civile spagnola dominata dalle forze fasciste di Franco, le quali entreranno poi più ideologicamente che fisicamente nella sfera d’influenza dell’Asse. Intanto la minoranza tedesca in Polonia si dichiarò a favore del Terzo Reich. Forse intuendo l’enorme pericolo in avvicinamento, i sionisti in collaborazione con il governo polacco fecero emigrare in Palestina nel 1937 circa 160 mila ebrei, che all’epoca costituivano il 40% della popolazione ufficiale residente su quello che oggi viene definito stato d’Israele.

Il 1938 è l’anno scioglimento del Partito Comunista polacco, dovuto alle purghe di Stalin; qui, tra le fila polacche, iniziò ad aleggiare lo spettro di un’alleanza apparentemente improbabile, ovvero quella tra URSS e Germania nazista. La tensione era molta, correva il ventesimo anniversario dell’indipendenza: sentendo il fiato sul collo, dopo le elezioni venne data più importanza alle questioni militari e si cercò di migliorare la posizione dell’esercito nella società polacca. Un evento che sollevò moralmente il popolo polacco fu l’annessione della regione di Zaolzie a fine settembre 1938, storicamente contesa per secoli con i vicini di confine, ora con la Cecoslovacchia.

La Polonia, nella neutralità della sua politica estera, giusta o sbagliata che dir si voglia, in realtà cercava un appoggio per non rimanere stretta nella morsa dei due giganti vicini; questo appoggio però concretamente non arrivò mai, se non in modo volutamente minimo e male organizzato. Alla vigilia della seconda guerra mondiale, i futuri Alleati fecero grosse orecchie da mercante: un comportamento che si ripresenterà in parte durante la guerra stessa, visto che permetteranno poi l’istituzione della Repubblica Popolare di Polonia.

 

Neville Chamberlain e Adolf Hitler siglano il Patto di Monaco

 

A confermare la clamorosa passività di Gran Bretagna e Francia fu la pressoché nulla opposizione all’annessione dell’Austria (12 marzo 1938) e la successiva occupazione della Cecoslovacchia (iniziata con l’annessione dei Sudeti, ottobre 1938) praticamente servitagli su un piatto d’argento dopo la farsa dei tedeschi dei Sudeti e l’illusorio patto di Monaco (29-30 settembre 1938). L’obiettivo iniziale di Hitler fu quello di convincere la Polonia alla collaborazione contro l’Unione Sovietica. La proposta di fatto non tardò ad arrivare: con la convocazione dell’ambasciatore polacco Józef Lipski da parte di Joachim Von Ribbentrop, si propose il passaggio del “corridoio di Danzica” al Terzo Reich in cambio dell’entrata nel “Patto Anticomintern” e di un nuovo patto di non aggressione. La risposta fu ovviamente negativa, nonostante le pressioni tedesche prima e inglesi dopo, le quali mirarono al raggiungimento di un compromesso tra le parti tedesca e polacca, capendo finalmente la gravità della situazione europea dopo la proclamazione del 15 marzo 1939 del Protettorato di Boemia e Moravia. Intanto Stalin fece un passo indietro sul patto che lo obbligava a prestare soccorso a suoi vicini geografici; continuò inoltre una travagliata trattativa di alleanza tra URSS, Gran Bretagna e Francia, la quale si interruppe ufficialmente con il patto sovietico-tedesco di non aggressione, meglio conosciuto come il patto Ribbentrop-Molotov del 23 agosto 1939, definito dai firmatari come “patto riguardo i comuni interessi sui territori dell’Europa orientale”. Il 25 agosto giunse in fretta e furia a un accordo di alleanza con la Gran Bretagna; il primo settembre 1939 il Terzo Reich invadeva la Polonia da Ovest, il 17 invece l’URSS la invadeva da Est.

Agli inizi di ottobre la Polonia cessò di esistere come stato sovrano, scomparendo nuovamente dalle mappe.

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