Per una cartografia del desiderio. Eliška Konečná a Milano

Rappresentare il desiderio, le pulsioni della mente umana e il perturbante, che si insinua nei pensieri e mescola il confine tra realtà e finzione: è questo che traspare dai lavori di Eliška Konečná esposti alla galleria eastcontemporary di Milano, in mostra dall’8 giugno al 6 settembre 2023. A Dry Place to Fall raccoglie otto opere realizzate per l’occasione dall’artista ceca, che ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Praga; già nel 2021 aveva partecipato alla collettiva Feral Signals, organizzata da eastcontemporary con il supporto del Centro Ceco di Milano. Ancora una volta l’istituto ha promosso l’opera di Konečná, collaborando appunto alla nuova rassegna che è una personale. Questa nuova mostra è stata una bella scoperta: sembra di trovarsi davanti alla retrospettiva di un’artista ormai storicizzata, che ha creato nel corso del tempo un microcosmo di immagini in cui i significati si intersecano. Il visitatore non può non rimanere incantato dalle figure di Konečná, che sembrano fluttuare nello spazio espositivo come fossero ferme ma, allo stesso tempo, vive abbastanza da potersi muovere.

 

Proprio questo, secondo Caroline Krzyszton che firma il testo introduttivo alla mostra, è ciò che davvero affascina del lavoro di Konečná; da una parte «riflette sia le tendenze che le preoccupazioni della giovane generazione di artisti cechi», dall’altra si distanzia «da qualsiasi linearità cronologica per avvicinarsi gradualmente ad una certa atemporalità, una forma di universalismo che rispecchia la storia dell’arte». Come dice qualcuno, un artista è tale se in testa ha tante più immagini possibile, opere e figure e modelli di una genealogia personale che continua ad alimentare andando avanti nella propria ricerca. Sta poi a lei o a lui condensare quest’eredità spontanea e rubata – gli artisti sono onnivori, pensare di limitare il loro campo d’indagine ha poco senso – in un’opera che non sia puro citazionismo, ma espressione di una visione personale del mondo e delle cose. Nel caso della mostra di Konečná, i punti di vista e i livelli di interpretazione sono parecchi: i lavori toccano le corde di chi li guarda, stuzzicano l’io e la parte più emotiva della nostra sensibilità.

 

 

 

Uno spunto interessante è il paragone con la corporeità del barocco, che l’introduzione ci offre; «se le storie di Eliška Konečná vengono lette attraverso il prisma della loro corporeità, possono ricordare le sculture barocche». È un richiamo alle curve e alla morbidezza di tanta scultura del Seicento, ai materiali che prendono calore e danno l’illusione che le figure abbiano un’anima, un fondo segreto inaccessibile ma così vicino a chi osserva: “pieghe d’amore” per una seduzione dello sguardo. L’artista fa proprio questo con il velluto, un tessuto che già in partenza è liscio e soffice, ma anche caldo e resistente. Konečná lo intelaia, ci ricama sopra pazientemente e crea le sue figure. Sono composizioni a rilievo, che emergono dalla superficie come se fossero state lavorate nel gesso o nel marmo, occupando a dimensioni variabili le pareti del white cube di eastcontemporary. La scelta del velluto permette variazioni cromatiche sensuali, sfumature che si intensificano in base al punto di vista e alla luce; il colore in Pus is Honey Now è vivido, più languido in When We Were Children We Believed that Cups Came from Cuddling. Scopriamo che Konečná negli anni scorsi ha molto lavorato con il legno: stavolta usa il ricamo come stesse intagliando. 

 

Le figure nude si intrecciano, non si capisce se si stanno osservando o il loro sguardo è vacuo, forse stanno solo dormendo. Alcune sono titaniche, molte hanno gambe e braccia oblunghe, in posizioni acrobatiche impossibili per il corpo umano. Il bacio di Shallow Wakefulness è sospeso, una scena che Konečná ha impastato di mistero. È una «cartografia dei sogni» che non dà per scontata nessuna interpretazione, indica e invita a essere scoperta, svelata. Vedere lavori di A Dry Place to Fall dà un piacere quasi voyeuristico, che del resto sempre si prova quando ci si trova davanti a un’opera d’arte, ma in questo caso più che in altri la tentazione di toccare è forte.

 

La dimensione della palpabilità stride con la realtà astratta che l’artista ha creato, o che dir si voglia «simbolista», come suggerisce il comunicato. Un riferimento in punta di piedi che mai è più vero: il simbolismo più introspettivo e all’arte decadente dei primi anni del secolo riecheggiano nella sala, come un sottofondo avvolgente. Sa di Mitteleuropa, là dov’è nato tutto. La maschera di A Jar Full of Words, unica installazione in mostra, potrebbe essere un omaggio allo Schnitzler di Doppio sogno, un volto che non ha la disperazione di Munch ma è enigmatico, carico di desiderio e aspettativa, vuole essere guardato. Non sappiamo se è vero o falso, umano o fittizio; ma come dirà Fridolin ad Albertine, sospirando, «nessun sogno è interamente sogno».

 

 

 

Eliška Konečná, A Dry Place to Fall
eastcontemporary, Milano
8 giugno – 6 settembre 2023

 

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